giovedì 19 dicembre 2013

STREGONERIA VENETA: il forum + "Santi e contadini", di Dino Coltro


   Il blog è silenzioso da un bel po' di mesi. Estate e autunno sono volati come il vento, e letture e ricerche sono state un po' accantonate. Ho passato quest'ultimo anno in compagnia di un libro che ho centellinato giorno per giorno, e il cui titolo è Santi e contadini: lunario della tradizione orale veneta. L'autore, Dino Coltro, è stato uno scrittore e poeta veneto, precisamente dell'area veronese. Nato e cresciuto in una famiglia contadina, Coltro ha pubblicato una trentina di libri sulle tradizioni popolari venete, delle quali è stato un importante ricercatore e studioso. Ho detto "centellinato giorno per giorno" perché questo Lunario, com'è ovvio dal titolo, è una sorta di almanacco sui santi di ogni giorno dell'anno e sulle relative tradizioni. Prima di parlare pi approfonditamente del libro, però, vorrei menzionarne un altro a cui dedicherò presto un altro post: si tratta di Streghe, morti ed esseri fantastici nel Veneto, a cura di Marisa Milani. Opera del corso di Letteratura delle Tradizioni Popolari di Padova, il libro è una raccolta di testimonianze orali raccolte dagli studenti della prof. Milani dagli anni '70 ai primi anni '90, riguardanti leggende e superstizioni sugli argomenti del titolo.
   La lettura di queste due opere mi è risultata fondamentale per inquadrare ulteriormente quel mondo che ormai da qualche anno vado esplorando e che, pur essendoci nato io stesso, durante gli anni dell'adolescenza avevo preso a guardare con distacco, quando non con sprezzo. E' il mondo rurale dei contadini, quella realtà che va scomparendo sotto l'inarrestabile, inevitabile avanzata della meccanizzazione e dell'urbanizzazione. E il mondo contadino altro non è che la terra madre in cui affonda le sue radici la stregoneria popolare che continuo a ricercare.
   Il risultato della lettura di questi testi è stata un'ispirazione profonda a raccogliere quanto più possibile rimane nella memoria popolare della mia regione. Un'intenzione di certo ambiziosa, ma che intendo portare avanti con quanta più umiltà possibile. E' per questo motivo che ho deciso di aprire un forum, Stregoneria veneta. Il suo scopo principale è proprio quello di creare un gruppo di ricerca principalmente sulla stregoneria regionale, ma non solo, perché troveranno spazio - e saranno incoraggiate - ricerche sulle tradizioni e le leggende in una panoramica molto più ampia.
   Il forum è vuoto per il momento. Non ho intenzione di forzarne la crescita. La mia speranza è che chi vi è interessato vi capiti e decida di contribuire con quanto sente opportuno. Il link è il seguente:


  Sono assolutamente benvenute proposte di collaborazione e domande per qualsiasi informazione: commentate sul blog, iscrivetevi al forum o mandatemi una mail a infame.osculum@gmail.com.


giovedì 2 maggio 2013

"Mitologia degli alberi", di Jacques Brosse

   Con questo Mitologia degli alberi Jacques Brosse indaga sulla centralità che l'albero ha avuto sin dagli albori dell'umanità per le culture europee e non. Giganti della natura, creature immortali agli occhi degli antichi, ma che tuttavia sembrano morire e risorgere di anno in anno con il passare delle stagioni, gli alberi hanno sempre rivestito un ruolo di fondamentale importanza nei culti precristiani, finendo poi per essere inclusi anche nei simbolismi del cristianesimo.
   Il saggio si presenta in sezioni che presentano ognuna un diverso archetipo incarnato dalla figura dell'albero. Tappa di partenza quasi obbligata è il topos dell'albero cosmico, esemplificato dall'Yggdrasill norreno e dall'autosacrificio per impiccagione attraverso il quale Odino ottiene la conoscenza delle rune (questo dell'impiccagione è un argomento su cui l'autore torna a più riprese, formulando interessanti teorie sul sacrificio umano e il suo significato).
   Si prosegue con l'albero come scala verso il cielo e la divinità: esemplare in questo caso è la betulla, albero su cui gli sciamani si arrampicavano durante i riti iniziatici. All'estasi in cui cadevano in queste situazioni viene attribuito l'uso di Amanita muscaria, fungo da sempre presente nel folklore europeo, quasi sempre in veste malefica.
   Ancora più interessante il capitolo dedicato alla quercia, albero del tuono, in cui viene sviscerata l'importanza nel mondo greco del santuario di Dodona. Si trattava di un luogo caratterizzato da una qualità rara: originariamente dedicato a una misteriosa divinità femminile che l'autore identifica con Dione, in seguito all'avvento del patriarcalismo acheo i due culti, maschile e femminile, hanno continuato a convivere con i relativi ordini sacerdotali. Correlata con la pioggia e i fenomeni celesti, la quercia era protagonista di diversi riti di controllo del tempo atmosferico. Collegato alla quercia, il vischio di Balder viene descritto come il seme del dio manifestato sull'albero: di origine celeste e nato dalla folgore, assumeva la valenza di fecondatore universale perché d'inverno sembra contenere tutta l'energia vitale dell'albero che lo ospita.
   Dioniso è protagonista della parte successiva, a mio avviso la più interessante. Viene in qualche modo accantonata l'immagine più tarda del dio come signore del vino e dell'ebbrezza, e si fa luce sulle sue origini più arcaiche in cui rappresentava una divinità - secondo Brosse - della linfa: un dio che muore e rinasce come gli alberi in inverno e in primavera, come la linfa che d'inverno si ritira nelle radici per poi riprendere a circolare vitale in primavera. Il delirio a cui il culto dionisiaco porta non è quindi propriamente assimilabile all'ebbrezza da vino, ma si tratta di qualcosa di ben più viscerale, un'esaltazione della vita attraverso la follia e il riconoscimento della morte.
   Figure di morte e rinascita sono affrontate nel capitolo quinto, in cui sono protagonisti Attis, Tammuz, Adone e Osiride. Rappresentati dal pino e dalle conifere in generale, sono divinità che incarnano l'immortalità, che offrono il loro sangue alla terra per renderla fertile: non è un caso che si tratti di figli/fratelli/amanti della figura della Grande Madre, la quale in seguito piange la loro morte e si adopera per far ottenere loro nuova vita. Rientra pienamente nell'argomento la figura dell'androgino, immortalata in Agdistis (una sorta di proto-Cibele) ed esempio di divinità "originaria" perfetta, che si genera da sé: la ierogamia, il matrimonio tra la dea e il dio, non è altro che una rappresentazione del ricongiungimento dei due poli.
   Il libro continua trattando di alberi connessi a figure mitologiche specifiche (come filira/tiglio, Ciparisso/cipresso, Pitis/pino nero) per poi spostarsi in epoca più moderna, in cui le divinità sono scomparse e il bosco non è più bosco sacro, ma dimora di creature soprannaturali potenzialmente pericolose come fate e streghe, ultimi rimasugli che incarnavano la paura che prendeva possesso degli estranei alla vista di un luogo sacro e incontaminato come lo erano le antiche selve vergini dell'Europa. In fate e streghe si ha un riflesso delle antiche divinità del destino, o degli spiriti della terra e delle acque, e ne è una testimonianza la bacchetta e il fuso di cui si fregiano. Simbolo del potere sulle forze della natura, la bacchetta è uno strumento prettamente maschile, fallico, e il suo potere, come quello della scopa, non derivava da altro che dall'albero da cui era ricavata.
   Palesemente influenzato da Frazer e da Graves, il saggio riesce a dire molto mantenendo l'enorme campo d'indagine del primo, ma evitando in gran parte i voli pindarici del secondo. A lettura ultimata, si rimane con una certa sensazione d'amarezza riguardo a tutto ciò che si è perso: i nostri boschi ormai non sono più delle entità misteriose e terrorizzanti, non incutono più reverenza e terrore; hanno smesso di fornire protezione e sostentamento grazie ai frutti della terra ma, al contrario, sono essi oggi ad avere bisogno di cura e protezione.

giovedì 24 gennaio 2013

"La magia nel mondo antico", di Fritz Graf

   La magia nel mondo antico è una monografia sulla ritualità magica d'epoca greco-romana. Aspetto focale del saggio è, a mio avviso, il rapporto che il Graf descrive tra la religione ufficiale e la pratica magico-stregonesca, aspetto cruciale che non riguarda solamente la magia in epoca antica, ma la stregoneria in ogni sua localizzazione spaziale e temporale: religione e pratiche magiche sono legate, ma sono come due linee ondulatorie che si intersecano in certi punti mantenendo però dei percorsi separati.
   La magia e la stregoneria si nutrono della religione ufficiale: ne invocano le divinità, ne ricalcano i rituali; ma se nella seconda, come specifica il Graf, è tutto eseguito in una prospettiva "di elevazione" - un movimento verso l'alto, verso i cieli - nelle prime questo impulso è sovvertito. Ecco quindi che la strega opera quindi "verso il basso", verso le potenze ctonie: è strettamente legata al mondo, alla terra, alle regioni liminari. Non solo: mentre la religione opera in una prospettiva collettiva, sociale, la strega agisce da sola, opera ai margini della società.
    Non stupisce quindi che nel mondo della polis, fortemente gerarchizzato e comunitario, un personaggio che opera in una prospettiva di isolamento sia visto di cattivo occhio, e la stregoneria, in effetti, nella Grecia antica era condannata apertamente. Simile era la situazione a Roma, nonostante l'accusa di stregoneria non fosse grave quanto lo fosse in Grecia. E' una situazione che presenta dei paralleli palesi con l'epoca dell'Inquisizione: le pratiche stregonesche erano - e sono - legate al cristianesimo, ma sono giudicate eretiche perché non conformi all'ortodossia. Pratiche come quelle stregonesche, che esulano dalla morale comune e sovvertono il senso di rassicurazione che la religione conferisce, spaventano, e sono condannate. La strega, figura storicamente collocata in una posizione ambigua all'interno della comunità, è per questo temuta.
   Di questo il Graf fornisce un bel ritratto nel capitolo dedicato alle rappresentazioni letterarie della stregoneria: ecco quindi la Eritto descritta da Lucano, una strega tessala (e quindi straniera, vista la consuetudine di considerare la magia proveniente dall'est, soprattutto dalla Persia), negromante, seguace di Ecate, che pratica i suoi riti divinatori nella piena oscurità della notte, una donna strettamente legata alla morte e al mondo infero tanto che l'erba su cui cammina avvizzisce al solo tocco dei suoi piedi.
   Il ritratto di Lucano è ovviamente fittizio, influenzato com'è dalla visione popolare della figura della strega, ma è inutile negare che le caratteristiche di Eritto sono assolutamente plausibili, soprattutto per quanto riguarda la connessione con le potenze ctonie e con la pratica del "male".
   A questo proposito va citato quello che costituisce il fulcro del libro, ossia il capitolo dedicato alle defixiones: si tratta di maledizioni, legamenti (su questa parola Graf si sofferma a lungo, analizzandone i corrispettivi linguistici greco-romani), formule incise soprattutto su lamine di piombo per cinque scopi principali:
- nuocere a degli avversari in campo processuale;
- effettuare legamenti amorosi;
- nuocere in contesti agonistici;
- nuocere a calunniatori e ladri;
- nuocere a dei rivali in campo economico.
   L'utilizzo delle defixiones era estremamente diffuso, ciò che impedisce di negare che le maledizioni e i legamenti amorosi siano sempre stati parte integrante delle pratiche stregonesche. Anche in questi casi le potenze ctonie accorrevano in aiuto: le lamine venivano nascoste nelle tombe, in modo che il morto fungesse da "messaggero" tra il mago/stregone e le potenze a cui ci si rivolgeva. Si chiamavano in causa Persefone, Demetra, Plutone, Ecate, Ermes, qualunque divinità che avesse una natura ctonia, che fosse collegata con il sottosuolo; e in effetti altri posti favoriti in cui nascondere le defixiones erano i pozzi, le grotte, il fondo del mare, anche questi luoghi sotterranei, in cui la lamina contenente la maledizione aveva ben poche possibilità di essere rinvenuta.
   Molto interessante la disamina della terminologia specifica, che distingue nettamente tra i vari tipi di rituali e gli scopi che si voleva ottenere, nonché tra i vari tipi di magia: abbiamo carmi, veneficii in terra romana, agogai, diabolai, philtrokatadesmoi, pharmakos in terra greca, più tanti altri termini che ad orecchie contemporanee possono suggerire lo stesso significato, ma che allora erano invece ben distinti.